Otto sono per coro misto, due per coro (o ensemble) femminile e uno suggerito per coro giovanile. La scrittura relativamente sobria e la cura dedicata al contrappunto e ai colori armonici, sono impiegati nel desiderio di voler raggiungere qualunque ascoltatore e rendere disponibile questo materiale musicale a cori sia professionali sia amatoriali.


Ogni brano (ad esclusione di Jubilate Deo volutamente aperto e gioioso) ha, come punto in comune con gli altri, un approccio alla sonorità calma e riflessiva. Le agogiche prevalentemente usate, infatti, sono Calmo oppure Adagio. Questa condizione ambientale vuole trasmettere e raggiungere la dimensione del canto come meditazione spirituale. Quel rapporto in cui suoni e silenzi si rincorrono sullo stesso piano, dando la possibilità di eseguire i canti come nel recitare le preghiere.


I primi due brani sono dedicati al Padre nostro e alla preghiera più importante di Maria. Il morbido tono di Fa maggiore, volutamente in comune, e la scrittura prevalentemente omoritmica, sono stati utilizzati per rivolgersi con amabilità “tutti insieme” a queste due importanti sacre figure.


Successivamente troviamo due brani in confronto: Miserere mei e Jubilate Deo.

Assumono l’intento di un percorso nel percorso: riflessione e penitenza per poi liberarsi nella gioia. Il tono lieto di Fa maggiore diventa ora triste trasformandosi in minore (col Miserere mei), per poi tornare ancora in Fa maggiore e illuminarsi, in conclusione, nel tono in più di Sol maggiore (in Jubilate Deo).

La versione del Miserere indicato per coro giovanile, vuol essere una rielaborazione più adeguata e dedicata al percorso della Riconciliazione dei ragazzi. Prende spunto dal brano a cappella per coro misto e il rapporto maggiore minore (lieto/triste) è giocato all’interno della composizione.


Il Beata es nasce dall’idea di comporre un’Aria. Il testo di questo brano, particolarmente simbolico, ben si presta ad un approccio di scrittura di melodia accompagnata. Scritto per Soprano solo e coro a quattro voci miste si pone di far “parlare” in prima persona Elisabetta nell’incontro con Maria.


O salutaris Hostia nasce dall’attenzione al Mistero dell’Eucaristia. Una particolarità armonica è stata usata nel canone polifonico all’interno del brano. Il consueto lieto tono di Fa maggiore è ora abbassato a Mib maggiore (in gergo tecnico si definisce modulazione al settimo grado abbassato).

Il testo è incalzante – come lo è il canone – e si rivolge all’Ostia di salvezza per proteggersi dalle guerre nemiche! La scelta di abbassare il tono indica, però, un atteggiamento sonoro di umiltà e non di aggressività (come poteva risultare attraverso un tono più luminoso o l’inserimento di alterazioni). Questo vuol riportare continuamente alla riflessione più che alla semplice descrizione del messaggio insito nel testo sacro.


I due brani per coro (o ensemble) femminile sono tratti dal Cantico dei Cantici, dell’Antico Testamento, e da La Divina Immagine di William Blake. Un approccio religioso e uno laico che hanno in comune l’elemento fondamentale di un percorso di vita e spirituale: “l’Amore”.

La scelta dell’organico è certamente di “campo”, come si suole dire. Chi meglio di un coro femminile dal suono angelico può sedurre e trasmettere il messaggio dell’amore?


Agnus Dei è un brano polifonico caratterizzato dal delicato contrappunto imitativo in cui le voci, rincorrendosi continuamente, assumono l’intento di esprimere in modo dolce e raffinato l’interpretazione dell’Elevazione di Dio.


In Paradisum, infine, è dedicato alla perdita di mio figlio.

Brano supplementare che molti compositori (soprattutto moderni) hanno aggiunto da cantare nel Requiem. A differenza del tradizionale e drammatico tono di Re minore, ruota tra il tono iniziale di La minore (naturale, per dare anche un gusto arcaico ed evitare le tipiche sonorità funzionali della musica classica) e il lieto La maggiore, come auspicio di dimora del bambino in Paradiso. 


Tutti i brani sono stati scritti seguendo un atteggiamento tra gusto tonale e neomodale. Da una parte vi è l’intento di un recupero arcaico di sonorità e dall’altro una rielaborazione più moderna, usando procedimenti armonici in cui ogni accordo può succedere a qualunque altro ed evitando il più possibile l’utilizzo di cadenze con la “sensibile”, che producono inevitabilmente un gusto più classico tradizionale.

Staccandosi dal sistema gerarchico funzionale si ha anche la possibilità di usare colori armonici come strutture portanti del discorso musicale, anziché con funzioni di semplici abbellimenti.

Questo approccio musicale, molto usato soprattutto nella coralità del ‘900, consente di trasmettere ambienti sonori particolarmente ispirati ed espressivi.


“Cantare è proprio di chi ama”

(Sant’Agostino)